lunedì 27 luglio 2015

[Opinioni doramose: Shimeshi] « Quando un giorno vivace si trasforma in nottata, nelle profondità di una città rumorosa e caotica, questo locale ospiterà il suo unico cliente quotidiano. Potreste però non essere in grado di trovarlo, dal momento che solo le persone al crocevia delle loro vite possono visitarlo. »

Buon pomeriggio! 
Sì, mi rendo conto che ultimamente sto postando un sacco di commenti ma è un periodo particolarmente florido in cui finisco ed inizio molte cose e, visto che non lo faccio di settimana in settimana con gli on air attualmente in visione, almeno con i titoli finiti voglio scrivere un po' quello che penso, sfogarmi ed esprimermi o più semplicemente voglio scrivere di qualcosa che mi suscita un'emozione, sia essa positiva o negativa.
Oggi è il turno di un dorama giapponese breve, sia per la durata degli episodi, che per il numero degli stessi - quattro da circa ventitre minuti ciascuno; il titolo di codesto dorama è Shimeshi, ovvero il Pasto degli Inizi. 

INFO

Titolo: シメシ / Shimeshi
Conosciuto come: Shimeshi / The Meal of Beginnings
Genere: Drammatico, culinario
Episodi: 4 (da 25 min. ca. cadauno)
Emittente: TBS
In onda: dal 22 giugno al 13 luglio 2015
Sceneggiatura di: Kanazawa Tomoki


TRAMA

Le Bon Vivre è un ristorante unico nel suo genere in quanto accetta solo un cliente al giorno; situato in un vicolo di una città vivace e vibrante, si differenzia dalla concorrenza per i cibi 'perduti' che offre alla clientela selezionata. Per poter riservare una prenotazione in questo ristorante la persona in questione deve trovarsi in circostanze particolari ma deve anche richiedere un piatto particolare che ha segnato la sua vita, un piatto che non esiste più nel mondo se non nei suoi ricordi.
Lo staff del Le Bon Vivre è costituito da Terayashiki Renichi, chef con qualità eccelse nel riprodurre pietanze ormai perdute; Oze Kiyoi, l'aiuto cuoco responsabile delle ricerche delle ricette e delle informazioni riguardanti i piatti richiesti dai clienti; ed infine Ikeyama Juri, la proprietaria del ristorante.
I tre faranno del loro meglio per ricreare i piatti perduti e per servirli ai loro clienti, identificando gli stessi piatti come 'Il Pasto degli Inizi' o "Shimeshi" ("Shi" = Inizio; "Meshi" = Pasto), piatti che hanno il potere di smuovere una vita ancorata in un luogo e capaci di ispirare le persone ad un nuovo inizio.
 

[Di questo dorama non sono ancora disponibili dei sottotitoli in lingua italiana ma rimando comunque chi fosse interessato a vederlo in lingua inglese grazie agli ottimi sottotitoli a cura del Wabi-Sabi Subs presso la pagina su D-Addicts. Consiglio inoltre di tenere d'occhio gli annunci su DramaItalia per sapere se il progetto è stato prenotato o rilasciato.] 


VOTO PERSONALE:


COMMENTONE PREGNO SUL DORAMA:



Appena terminata la visione del dorama - ho visto tutti gli episodi nell'arco di un pomeriggio -, ho subito avuto la sensazione di dover far fuoriscire le mie emozioni non propriamente trattenute durante la visione ma che sono comunque rimaste dentro di me. Queste emozioni erano perlopiù tristi, infatti non si sono mai tramutate in lacrime di gioia quantopiù di tristezza, amarezza, rimpianto e dolore, le stesse emozioni che spesso trasparivano dai volti dei personaggi. 
Shimeshi non è un dorama tradizionale come quelli a cui sono abituata, se non altro per un grande motivo fondamentale: non ha una trama vera e propria ma riesce comunque ad essere il fulcro di altre piccole sottotrame che, assieme ai titoli di coda ed all'incedere della fine dell'episodio, si concludono e salutano definitivamente lo spettatore, pronte a lasciare il posto alla successiva, sino ad arrivare all'ultima, a quella che dice addio lasciando soltanto una sedia vuota agli occhi dello spettatore ma che lo stesso sa, in cuor suo, non rimarrà troppo fredda e vuota a lungo. 
Shimeshi fondamentalmente non ha una trama perché è una trasposizione di tante vite, mostrate tramite dei frammenti, i più dolci ed amari al tempo stesso, i più felici ed i più carichi di tristezza, ovvero i momenti in cui i personaggi si ritrovano ad essere protagonisti per un giorno, al crocevia delle loro vite, bloccati da qualcosa di più grande che impedisce loro di proseguire per il cammino che hanno voluto intraprendere. Abbiamo dunque così un padre di famiglia che, nel dolore, si ritrova nella stessa posizione in cui quarant'anni prima il suo, di padre, si trovò il giorno del suo compleanno e tutti i successivi, oppure un giocatore di baseball al tramonto della sua carriera, oppure ancora una cantante che cerca una nuova motivazione per continuare a fare ciò che le scalda il cuore, od ancora due fratelli che si sono allontanati da tempo per le più disparate ragioni. Per venti minuti sono loro i protagonisti, sono loro che si ritrovano ad attirare la curiosità dello spettatore per cercare di capire come mai proprio loro sono finiti per essere clienti del ristorante Le Bon Vivre.


Quattro chiacchere sulla TRAMA.

Il Le Bon Vivre è un ristorante particolare, ben nascosto agli occhi del grande pubblico cittadino, che ha davvero molte peculiarità. La prima è sicuramente quella che presso il suddetto ristorante si serve solo un cliente per volta ma non uno qualunque; deve infatti trattarsi di una persona al crocevia della sua vita e che abbia un piatto particolare, ormai scomparso dal mondo, e di cui il suddetto cliente abbia un ricordo talmente profondo da volerlo mangiare un'ultima volta.
A disposizione del cliente c'è tutto lo staff del Bon Vivre, composto da tre elementi: la proprietaria, Ikeyama Juri, lo chef Terayashiki, ed il suo secondo, Oze. 
Questi tre personaggi rimarranno un mistero per lo spettatore e, se nel primo episodio la cosa mi aveva lasciato alquanto perplessa, una volta terminato il dorama non ho più sentito questa grande necessità di voler sapere tutto sulla loro vita. Fondamentalmente il dorama stesso voleva quasi suscitare nello spettatore il pensiero che, quando si mangia fuori casa, non ci chiediamo chi sia davvero lo chef che ci ha cucinato il piatto, quale possa essere il suo volto, se sia soddisfatto della sua vita e se ci sia qualcuno custodito gelosamente nel suo cuore. Così succede nel dorama: noi non vogliamo sapere chi lavora in quel ristorante né tantomeno la motivazione che lo abbia spinto fin lì, mentre invece vogliamo scoprire cosa ha spinto una persona ad arrivare al bivio, quale sia la sua storia e perché quel piatto in particolare significhi tanto per lei. 

Un'altra cosa che ho apprezzato davvero molto è stato il fatto che ogni episodio si apre pochi istanti prima della sua stessa conclusione, in cui il protagonista dell'episodio si ritrova faccia a faccia con una persona importante per lui o più semplicemente con un'emozione che, tardiva, accompagna il piatto che si è gustato. 


Ma quindi... il VERDETTO?

Per me è promosso e lo consiglierei anche. Non è un capolavoro ma riesce ad emozionare lo spettatore più sensibile e ad intrattenere quello che invece vuole solo dimenticarsi di ciò che lo circonda per una ventina di minuti, facendo ammirare una raffigurazione fugace e tutt'altro che idilliaca di una persona, della sua vita e delle sue cicatrici emotive. A me ha fatto questo effetto e solo in un episodio non ho pianto, anche se devo dire che quello che più mi ha emozionato è stato il terzo, quello della cantante e della sua omurice, seguito dall'ultimo, quello dei fratelli, dal primo, quello del padre di famiglia e solo per ultimo quello del giocatore di baseball, quello che non mi ha emozionata per niente. 

Alla fine di questa storia si hanno sì delle domande sullo staff del Le Bon Vivre, del perché servano proprio le persone nel loro momento di crisi, o ancora come riescano a riprodurre perfettamente il piatto richiesto dal cliente ma alla fine, se preso per quello che è, un dorama leggero, scorrevole e davvero breve, si riesce anche ad apprezzare tutto, mistero compreso. 
Io però sono dell'idea che ogni persona in cucina abbia la propria firma distintiva, un po' come le impronte digitali, quindi il risotto che posso fare io sarà diverso da quello di mia madre e così il suo da quello di mia nonna. Per me la cucina è emozione, e il gusto è dato sì in parte dagli ingredienti selezionati per la ricetta ma anche dal sentimento che penetra nel piatto e che impregna qualsiasi sostanza ci si metta dentro. Ecco perché inizialmente faticavo a lasciarmi trasportare dalla narrazione ma, una volta lasciato scorrere via questo mio pensiero, tutto si è fatto più leggero ed io sono riuscita a divertirmi per un paio d'ore. 

Ultima ma non per importanza, una piccola chicca che accompagna il saluto definitivo al protagonista dell'episodio, ovvero una ricetta. Alla fine di ogni episodio infatti, ci verranno dati dei consigli e delle ricette vere e proprie per cucinare dei piatti. Magari non li preparerò mai ma l'ho trovata un'idea davvero carina e che ho sinceramente apprezzato.

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